DIVERTIMENTO PAURA E FATO

STAGIONE 1, EPISODIO 7 :

LA DECORATA EROINA DI GUERRA BALMAIN GINETTE SPANIER

Questo episodio de l’Atelier Balmain spiega il funzionamento della Maison Balmain della metà del secolo concentrandosi sulla vita e il lavoro di un membro fondamentale della piccola squadra che sovrintendeva alla rapida crescita della Maison in questa importante epoca: Ginette Spanier.

Ginette Spanier fu la prima Directrice della Maison Balmain, una donna d’affari estremamente scaltra e capace che guidò la strategia di vendita al dettaglio di Balmain per quasi trent’anni. Ginette Spanier fu anche relativamente famosa, e non solo perché intrattenne una stretta amicizia con molti personaggi di spicco del teatro, del cinema e della musica, che si affidavano alla sua guida e a quella di Pierre Balmain nelle loro scelte relative alla moda. La fama di Ginette Spanier è dovuta anche al successo della sua serie di memorie, tutte best seller. In queste autobiografie, Ginette Spanier presenta la storia della sua vita incredibile. E la sua incredibile vita, come notato nel frammento di una trasmissione del 1972 di “This is your life” che usiamo per iniziare il podcast di oggi, può essere riassunta in tre parole: Ginette Spanier ebbe una vita di “divertimento, paura e fato”.

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Come direttrice della Maison durante i suoi anni formativi, Ginette Spanier svolse un ruolo decisivo nel forgiare la crescita, le pratiche e l’immagine della Maison Balmain del dopoguerra. Lavorava a stretto contatto con Pierre Balmain e con la sua squadra di stilisti, aiutandolo decidere l’offerta delle collezioni di ogni stagione. Inoltre, era a capo della squadra dedicata alla vendita al dettaglio della Maison e lavorava a braccetto con i clienti più importanti della Maison per costruire relazioni durature. Le amicizie che creò con molte delle celebrità più importanti dell’epoca fu di grande importanza per la Maison, e i nomi che potrebbe citare sono davvero sconvolgenti.

Il suo legame con mondo del lusso e della haute couture nonché le sue strette amicizie con attori, scrittori e cantanti di spicco di quell’epoca fornirono un contributo essenziale nel rendere queste tre autobiografie dei veri best seller… Ma, sopra ogni altra cosa, è il suo coraggio e il suo eroismo durante la guerra a renderla davvero una figura unica.

Ginette Spanier, nata in Francia ma cresciuta in Inghilterra, e il suo marito francese, il dottor Paul-Emile Seidmann, erano entrambi ebrei. Per la loro sicurezza e sopravvivenza, dovettero fuggire Parigi poco dopo che nazisti iniziarono l’occupazione della capitale francese. Passarono quasi quattro anni in fuga, ospitati da coraggiosi membri della Resistenza, contadini e abitanti delle campagne, spostandosi di regione in regione alla ricerca di un luogo al sicuro dove nascondersi.

E riuscirono a sopravvivere. Quando finalmente riuscirono a tornare a Parigi, subito dopo la liberazione, erano determinati ad aiutare le forze alleate a finire questa guerra una volta per tutte. Paul-Emile Seidmann iniziò a lavorare con il nuovo governo provvisorio francese, successivamente occupandosi dei programmi di riabilitazione dei deportati erano riusciti a sopravvivere tornando dai campi di concentramento e di sterminio.
 

Ginette Spanier aderì alle truppe americane, assistendoli nel reclutamento di giovani studenti, formando un corpo bilingue di segretari, operatrici di centralino, assi traduttori, per aiutare gli alleati nella loro avanzata verso est, respingendo finalmente nemico in Germania dopo aver attraversato la Francia.

Persino dopo la caduta di Berlino e la vittoria definitiva, Ginette Spanier continua ad aiutare gli alleati per fare in modo di criminali di guerra fossero consegnati alla giustizia.

Ginette Spanier fu volontaria durante il processo di Norimberga. Durante questo storico processo, soprinteso dagli alleati vittoriosi, vennero perseguiti i capi della Germania nazista che furono catturati, per aver pianificato ed eseguito l’olocausto e altri crimini di guerra. Il processo di Norimberga fu in realtà una serie di processi militari, dal novembre 1945 all’ottobre 1946. Ginette Spanier era a capo della creazione del funzionamento dello staff di supporto bilingue per l’accusa degli alleati.

Come riconoscimento per l’aiuto fornito alle truppe alleate e la sua assistenza nel perseguire i criminali di guerra più abbietti del XX secolo, Ginette Spanier ricevette la Medaglia presidenziale della libertà degli Stati Uniti, che il presidente Truman istituì per rendere omaggio ai civili che si distinguono per le loro azioni di aiuto, durante la guerra, in favore degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Nelle sue interviste, nei suoi seminari nei suoi scritti, Ginette Spanier continuò a sottolineare che numerosi anni spesi nel fuggire e poi nel perseguire i nazisti l’hanno segnata per sempre. Dopo il ritorno a Parigi, molto dopo la fine del processo di Norimberga, e addirittura decenni dopo aver iniziato a supervisionare le operazioni quotidiane per Balmain, ancora non dimentica quello che imparò durante la guerra.
 

LA PRIMA DIRECTRICE BALMAIN

Nella sua prima autobiografia, “It Isn’t All Mink”, Ginette Spanier spiegò il suo ruolo di Directrice di Balmain:

“In pratica, direi che la directrice è la responsabile di qualsiasi problema umano in quella parte dell’azienda che il pubblico può vedere. I laboratori non le interessano. Ma le interessano quando un certo abito non veste correttamente, dovrà quindi cooperare con gli artigiani responsabili nel laboratorio. Se, malauguratamente, le urla stridule di due modelle che litigano su quale abito indossare dovessero arrivare all’orecchio di, che so, Begum Aga Khan, anche questo ricadrebbe sotto la responsabilità della directrice. Se il ringhio agguerrito di due vendeuses che bisticciano per un cliente dovessero arrivare al cliente stesso, la colpa è, ancora una volta, della directrice. E se un cliente non dovesse pagare il conto, non si sa come ma anche questo è colpa della directrice. E così via, ventiquattr’ore su ventiquattro”.

It Isn’t All Mink
Collins 1959
V&A Publishing 2017

LA CABINE BALMAIN

Nella Parigi del dopoguerra, tutte le Maison di couture più famose si affidavano a un’intera squadra di modelle che lavorava a tempo pieno per la casa di moda. Ognuna di queste donne lavorava tutto il giorno presso la Maison e a ciascuna era assegnata una specifica serie di design per ogni stagione, con creazioni sartoriali che erano state specificamente create per loro e modellate sulla loro figura. Queste stesse modelle erano le protagoniste delle passerelle quotidiane che la Maison organizzava per i suoi clienti, ogni mattina e ogni pomeriggio.

Esse facevano parte di quella che spesso veniva chiamata la cabine della Maison. Cabine è una parola francese che significa letteralmente “cabina” e si riferisce alle stanze dietro le quinte in cui le modelle si cambiavano e passavano da una creazione sartoriale all’altra. La stessa parola veniva usata in senso figurato per riferirsi a questo gruppo di modelle alle dipendenze delle varie case di moda. Pierre Balmain, come la maggior parte dei creatori di moda Parigini, aveva la sua cabine: la cabine Balmain. Ogni stagione, almeno una decina di donne lavorava a tempo pieno nella cabine Balmain.

E per Balmain, così come per qualunque stilista, era importante che tutte le donne nella sua cabine riflettessero l’aspetto e lo spirito peculiare del marchio. Ciascuna modella della cabine svolgeva un ruolo specifico. Ciascuna di esse veniva considerata per il suo approccio e il suo look. Per esempio, alcune modelle venivano selezionate per il loro aspetto giovanile e fresco, che sarebbe poi stato abbinato ai capi, appunto, giovani e sportivi. Altri modelle invece avevano un’aria sofisticata ed erano più adatte a rappresentare gli stili da sera di alta sartoria.

Le modelle della cabine erano strettamente legate alle collezioni della stagione. Erano loro a ispirare le prime bozze di Balmain e, da quel momento in poi, erano inscindibilmente legate alla creazione di couture lungo tutta la sua realizzazione. Il nome della modella era scritto su un nastro cucito nell’abito: tra una passerella e l’altra, la creazione sarebbe stata personalizzata, sia in termini di misure sia in termini di stile, per essere specificamente adattata a lei.

Quindi, più una modella ispirava lo stilista, più creazioni avrebbe presentato durante le sfilate.

Quando le modelle non erano impegnate nella prova degli abiti, spesso partecipavano a défilé quotidiani per i clienti. Da Balmain, la sfilata era ogni giorno alle tre di pomeriggio. Ma si tenevano anche presentazioni più intime la mattina, di solito intorno alle dieci, per quei clienti che erano interessati a scoprire alcuni modelli specifici.

La vita del dietro le quinte, delle cabine, era dura: secondo gli scritti di indossatrici e vestieriste, pare che fosse sempre molto caldo e molto affollato. Tutti erano angosciati e preoccupati, senza contare il livello di tensione e competizione che poteva diventare elevato...

Per farci un’idea di quale fosse l’atmosfera all’epoca, nel link qui sotto ci sono una serie di straordinarie fotografie scattate dal fotografo statunitense Mark Shaw per Life Magazine nel 1954. Immortalò la cabine Balmain mentre le mannequin si cambiavano per la sfilata. Ovviamente, modelle e abiti sono stupendi, ma guardando oltre si può notare chiaramente che lo spazio è decisamente affollato e che il senso di ansia e di frenesia è palpabile mentre le indossatrici si vestono il più velocemente possibile per la loro prossima uscita per i clienti Balmain.

 

 

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LE PRIME SFILATE BALMAIN

Nel primo dopoguerra, le sfilate di haute couture a Parigi erano anni luce dai défilé a cui siamo abituati oggi. Nei primi anni di carriera di Pierre Balmain, le sue presentazioni sartoriali avvenivano sei salotti della Maison, al 44 di Rue François Premier. I locali in cui si tenevano queste presentazioni erano pensati come salotti aristocratici, con specchi e dipinti alle pareti e gli ospiti seduti su seggioline dorate o comodi divani.

Ovviamente, non c’era nessuna colonna sonora sparata al massimo volume. Essenzialmente, una modella alla volta camminava lentamente nello spazio permettendo agli ospiti di esaminare da vicino la creazione, mentre gli ospiti potevano chiedere alla modella di girare su sé stessa o addirittura toccare il tessuto. Di solito, l’indossatrice portava un biglietto con un numero che indicava il design che stava indossando. Quello stesso numero, insieme probabilmente a una breve descrizione della creazione, venivano annunciati all’altoparlante, di solito da Ginette Spanier, in inglese e in francese.

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La prima fila non era ovviamente dedicata agli influencer e alle star dei reality show: si trattava infatti di sfilate al cui cuore c’era la vendita, non il marketing, con l’obiettivo di presentare i modelli direttamente agli acquirenti. Spesso, le vendeuses della Maison rimanevano in piedi vicino ai clienti più importanti mentre questi assistevano alla sfilata, cercando di capire se fossero interessati ai nuovi capi che sfilavano davanti a loro. Quando un cliente rendeva evidente la sua preferenza per un certo designer, la vendeuse e l’acquirente andavano in una sala di prova così da poter vedere singolarmente i modelli. L’acquisto finale sarebbero poi avvenuto successivamente, dopo una serie di prove nell’atelier, dopo un processo che poteva protrarsi fino a circa sei settimane.

PRALINE

A differenza della maggior parte delle modelle delle cabine, Praline divenne una vera stella nella Francia del dopoguerra.

Nacque in una famiglia modesta, nel 1921: il padre era autista di autobus e la madre lavorava in una fabbrica che produceva guanti. Il suo vero nome era Jeannine Marie Lucienne Sagny. Come molte altre prima e dopo di lei, Praline non vedeva l’ora di andare a vivere a Parigi e diventare famosa. Lavorò prima come commessa e poi come stenografa, ma riuscì poi a trovare un impiego come indossatrice da Lucien Lelong, in cui Balmain era stilista insieme a Christian Dior.

Balmain e Praline divennero presto molto vicini. Lei aveva una personalità allegra, che Balmain paragonava a quella di un monello di Parigi, ma vide in lei anche la “personificazione del fascino femminile” e la “regale eleganza di una grande dama di corte”. Da Lelong, Balmain rimase impressionato dalla sua capacità di passare in un batter d’occhi da uno stile a un altro: da un outfit da spiaggia interpretato con un’aria bambinesca passava, pochi minuti dopo, a un abito lungo o a una lussuosa pelliccia incedendo nel salone come un’elegante donna aristocratica.

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Quando Balmain lasciò Lucien Lelong, Praline lo seguì. E fu Pierre Balmain che le diede un nuovo nome. Balmain riteneva che Jeannine fosse troppo “banale”. Dopo averla vista concludere la sua sfilata in un abito bianco e rosa, Balmain disse di trovarla “fondente come una pralina”. E così, le rimase questo nome.

Aveva un carattere allegro, era sempre pronta a far ridere. Ma era anche del tutto imprevedibile. Per esempio, scompariva per ore prima delle sfilate, obbligando i membri dello staff Balmain ad andare a cercarla per tutta la città. Una volta la trovarono alla stazione dei treni, un’altra all’aeroporto di Orly, e in tutti e due i casi aveva in mano un biglietto pronta a scappare per una gita fuori Parigi…

Era decisamente inaffidabile, certo… ma non era assolutamente una sciocca. Fuggiva dallo showroom Balmain solo dopo che gli abiti erano stati cuciti apposta per lei. Prima non si sarebbe mai sognata di perdere una prova, altrimenti a Pierre Balmain sarebbe bastato sostituirla.

La sua volatilità e inaffidabilità causarono non pochi scontri accesi con Pierre Balmain, nonostante la loro amicizia.

Praline fu una delle pochissime modelle di cabine a Parigi che riuscì a diventare una vera celebrità in Francia.

Eddie Constantine scrisse addirittura una canzone di successo su Praline, interpretata da Jean Sablon. La star pubblicò inoltre un’autobiografia che diventò un best seller: “Praline: Mannequin de Paris”, e questo a soli 30 anni!

Nonostante il suo successo come modella per Balmain, voleva a tutti i costi diventare una stella del cinema.

Fu scritturata in alcuni ruoli marginali, come modella di una Maison di moda parigina, e poi iniziò la carriera in alcuni film francesi con il nome di Janine Marsay (il marito, Michel Marsay, era altrettanto un attore).

Morì però a soli 31 anni, nel 1952, vittima di un incidente automobilistico.

Balmain rimase sconvolto dalla notizia. Durante la messa funebre nell’enorme chiesa di Saint Agustin a Parigi, la bara fu interamente ricoperta di rose rosa. Si dice addirittura che la folla accorsa fosse incalcolabile: il funerale fu un vero evento mediatico, trattato da tutte le riviste parigine dell’epoca.

BRONWEN PUGH (LADY ASTOR)

Chiunque facesse parte della cabine Balmain, così come qualsiasi modella di ogni altra casa di moda, veniva selezionato per ricoprire un ruolo specifico. Per esibire i suoi diversi modelli al meglio, Pierre Balmain cercava due tipi di modelli per la sua cabine:

un tipo definito come una persona “sfacciata ed elegante”, e questo era il ruolo su misura per Praline;

l’altro era una donna dall’eleganza classica, un’aristocratica “donna di mondo”. Bronwen Pugh era la musa per cui questo ruolo era stato scritto. Con la sua aria altezzosa e regale, si distingueva per la disinvoltura e l’atteggiamento che sembrava dire: “sono troppo qualificata per fare questo”.

Bronwen Pugh nacque nel 1930 a Londra. Nata in una famiglia alto-borghese e con il padre giudice, all’età di nove anni fu mandata in una scuola tradizionale di cultura e lingua gallese. Una volta concluso questo percorso, sognava di diventare attrice. Si iscrisse alla Central School of Speech and Drama, ma le dissero che era troppo alta per il cinema o il palcoscenico (era quasi un metro e ottanta!). Allora, studiò per diventare insegnante di teatro.

Ma, una volta diplomata, le fu chiaro di non essere interessata a nessuna posizione all’interno del personale scolastico. Iniziò invece a lavorare come modella per alcuni stilisti londinesi e diventò annunciatrice per la BBC, sostituendo una famosa conduttrice in congedo per gravidanza. Conclusa la missione alla BBC, nel 1956, volò a Roma per lavorare come modella, e poi a Parigi, dove Balmain la vide e decise di assumerla su due piedi.

Ma non tutti erano d’accordo nella Maison Balmain. La madre di Balmain, Françoise Balmain, e la directrice della Maison, Ginette Spanier, erano tutte e due fortemente contrarie ad assumerla: per loro era troppo alta e dall’aspetto strano. Ginette Spanier disse persino, con non poca malizia, che sembrava uscita dalla famiglia Addams.

Balmain, però, era convinto che fosse perfetta per la sua Maison e, pian piano, riuscì a convincere anche loro. Era fermamente convito che fosse la nuova Greta Garbo e la spinse a studiare i film e lo stile dell’attrice svedese. E Bronwen Pugh fece diligentemente quello che le veniva chiesto.
 

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Oltre che per l’altezza, la carnagione chiara, i capelli folti e castani e gli occhi di un verde brillante, senza contare l’incedere aristocratico in stile Greta Garbo, Bronwen Pugh aveva una camminata unica e potente durante le presentazioni della Maison. Eugenia Shepard, critica di moda del New York Herald Tribune, ne descrisse la presenza altezzosa durante la sfilata con un’immagine spiritosa, descrivendo la scena in cui la modella si trascinava dietro la pelliccia Balmain “come se l’avesse appena uccisa e la stesse riportando a casa dal compagno”.

Nel 1959, mentre si leccava le ferite dopo una dolorosa rottura, iniziò a frequentare William Astor. William Astor era Bill per gli amici e terzo Visconte Astor per chi voleva rimanere formale. Aveva ventidue anni più di lei, era già stato sposato due volte e aveva due figli.

Un anno dopo, quando si sposarono, la stampa britannica raccontò la storia della modella parigina di origini gallesi che sposava un uomo che poteva essere suo padre e che, coincidenza, era anche uno degli uomini più ricchi del mondo.

Perché, ebbene sì, Bill, essendo un Astor, era immensamente ricco.

Era barone e leader del partito conservatore. E vantava anche moltissimi beni immobili, tra cui una quota sostanziale nel trust della famiglia Astor che possedeva diversi isolati del centro di Manhattan. Senza contare poi le case a Londra, in Scozia, in Irlanda e negli Stati Uniti... Ma quello per cui è più tristemente famoso è la sua residenza sulle rive del Tamigi, chiamata Cliveden.

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Astor e Cliveden furono gli ingredienti dell’affare Profumo, che ha scosso la Gran Bretagna dei primi anni Sessanta. Per capire lo scandalo Profumo si devono mischiare delle spie russe, delle stupende modelle (Bronwen), dei ricchi nobili del partito conservatore (Bill), dei ministri del governo e un bel po’ di sesso.

Causò la caduta del governo, cambiò il corso della moderna storia britannica e distrusse la carriera e la vita di molti, tra cui quella di Bill e Bronwen.

Parlando dell’affare Profumo oggi non possiamo non pensare al recente scandalo che ha coinvolto Jeffrey Epstein. Erano molti gli uomini di potere che si comportavano, quantomeno, in modo sospetto, e molte delle risposte non sono mai state trovare a causa di un suicidio a sorpresa.

La storia finisce con il visconte e Lady Astor inevitabilmente marchiati come gli ennesimi rappresentanti di un’élite corrotta e disonesta, che per troppo tempo ha predicato certi valori alle classi inferiori mentre contemporaneamente viveva tradendo quegli stessi valori dietro le alte mura di cinta delle loro ricche tenute.
L’affare Profumo distrusse il matrimonio degli Astor nonché la loro posizione nell’alta società londinese. Il pubblico non vedeva in Bill altro che uno squallido playboy e adultero (o, per lo meno, uno sciocco), e questo bastò per estrometterli completamente dall’alta società londinese. Il visconte Astor fuggì da Londra. Morì alle Bahamas nel 1966, e morì di “cuore infranto”.
A prescindere, comunque, dalla relazione tra il visconte Astor e Ward, pare che non ci sia mai stata alcuna prova della colpevolezza di Bronwen Pugh, salvo la sua scarsa capacità di giudizio.
Dopo la morte di Astor, Bronwen Pugh cambiò vita radicalmente.
Da molto ormai era attratta dalla filosofia del gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin, portandola a convertirsi al cattolicesimo. Grazie all’eredità di Astor, si trasferì nel Surrey con le due figlie per fondare una comunità carismatica di fede cristiana. Studiò per diventare psicoterapeuta fu nominata presidente del Religious Experience Research Centre di Oxford.

IL SUCCESSO DISCOGRAFICO DI PRALINE

Durante l’episodio, Lynn Yaeger ha interpretato in modo impeccabile la traduzione di una hit degli anni Cinquanta dedicata a una delle stelle Balmain: Praline. Parigi ha visto molte belle donne (e uomini) che hanno lavorato tra le fila dei mannequin interni delle case di moda, ma pochissimi sono riusciti a raggiungere la fama di Praline. E nessun altro potrebbe essere il protagonista di una canzone tanto di successo. Questo brano del 1951 fu scritto da Eddie Constantine e interpretato da Jean Sablon. La melodia è introdotta da una reazione stupita del pubblico: “Come? Non sai chi è Praline?” E così inizia la canzone, in cui seguiamo Praline in una delle sue tipiche giornate da modella stellare di Balmain, dalla passeggiata mattutina sugli Champs-Elysées alla dura giornata di sfilate (in cui riesce sempre a sfoggiare un aspetto impeccabile) e, infine, nonostante la stanchezza e dopo un po’ di opera di convincimento, all’uscita serale... In cui finisce per innamorarsi del cantante. Il cantante conclude dicendo a chi lo ascolta di essere il fortunato fidanzato di Praline! Et la vie est jolie!

Sur les Champs Elysées
Ses cheveux tout bouclés
Elle est fraîche et jolie,
C'est Praline regardez-la marcher
Elle a l'air de danser
Sur le coup de midi c'est Praline
Elle est toujours bien habillée
On dirait qu'elle est riche
Bien chapeautée, chaussée, gantée,
Elle a même un caniche
Car elle est mannequin
Du velours au satin
Elle pass' la journée, c'est Praline
Une robe du soir, le manteau rayé noir,
La robe de mariée, c'est Praline
Huit heur's tout' seule et fatiguée
Elle rentre chez elle
Demain il faut recommencer
Elle oublie qu'elle est belle
Sur les Champs Elysées
Des Messieurs distingués

Feraient bien des folies pour Praline
Ell' fait " non " gentiment
Ell' ne veut qu'un amant
" Et ce s'ra pour la vie " dit Praline
Le soir où je l'ai rencontrée
Ell' m'a fait un sourire et puis
On est aller danser
Après... j'peux pas vous l'dire
Depuis tout a changé nous sommes fiancés
Et la vie est jolie Ah! Praline
On va se marier c'est banal à pleurer
Mais c'est moi qui souris à Praline
A ma Praline
 

PRALINE
SUNG BY JEAN SABLON
℗ 1951 Parlophone / Warner Music France, a Warner Music Group Company
Composer: Bob Astor
Composer: Eddie Constantine
Writer: Francois Jacques

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Dalla sua scrivania, che si trovava subito in cima alla maestosa scalinata centrale della leggendaria sede di Balmain al 44 di Rue François Premier, per oltre trent’anni Ginette Spanier supervisiona il lavoro quotidiano, la logistica, le vendite, le presentazioni e la pianificazione della Maison Balmain. ©Balmain

Foto di gruppo dei primi collaboratori di Balmain, tra cui alcune modelle della Maison. ©Balmain

 
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Pierre Balmain e Praline, in occasione di una speciale presentazione Balmain verso la fine degli anni Quaranta. ©Balmain

    • Photo Credits:

      01 : Photo of Ginette Spanier, Balmain house model Marie-Thérèse, and Pierre Balmain from a CBS interview broadcast on American TV on January 8, 1960. Copyright Free. Source: Wikipedia Commons
    • 02 : Ginette Spanier with Pierre Balmain. ©Balmain
    • 03 : Ginette Spanier (standing) directs some of the members of Balmain’s Cabine of in-house couture models. ©Balmain
    • 04 : Ginette Spanier working inside the Cabine (backstage) with the house dressers, models and crew, during a Balmain haute-couture presentations. ©Balmain
    • 05 : Ginette Spanier, backstage in the Balmain Cabine, directing the house’s team of models, dressers and assistants during one of Balmain’s daily haute-couture presentations. ©Balmain
    • 06 : A photo from one of the Balmain daily haute-couture presentations. ©Balmain
    • 07 : Ginette Spanier, in Balmain showroom, closely inspecting one of the house’s latest designs. ©Balmain
    • 08 : Images, from the 1940s, of Praline, wearing Balmain gowns ©Balmain
    • 09 : Images of Bronwen Pugh, wearing Balmain. ©Balmain
    • 10 : Praline and Pierre Balmain. ©Balmain
    • Credits :

      Balmain Creative Director: Olivier Rousteing
    • Audio: This Is Your Life, 09.02.1972: Courtesy of Ralph Edwards Productions, TIYL Productions & Fremantle
    • Special Podcast Guest: Lynn Yaeger
    • Episode Direction and Production: Seb Lascoux
    • Balmain Historian: Julia Guillon
    • Episode Coordination: Alya Nazaraly
    • Research Assistance: Pénélope André and Yasmine Ban Abdallah
    • Digital Coordination/Graphic Identity: Jeremy Mace
    • Episode researched, written and presented by John Gilligan
    • To explore further:

      Pierre Balmain: My Years and Seasons, (Doubleday, 1965)
    • Ginette Spanier: It Isn’t All Mink (Collins, 1959 and V&A Publishing, 2017)
    • Ginette Spanier: And Now It’s Sables (R. Hale, 1970)
    • Ginette Spanier: Long Road To Freedom (R. Hale, 1976)
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